BERTI-ZORN: GOVERNO FA LA VOCE GROSSA, MA LA NORMATIVA ITALIANA VA RIADEGUATA A QUELLA EUROPEA

“Se seguissimo l’impostazione molto irragionevole e ideologica” della Commissione europea, “sarebbe per noi insostenibile. L’unico risultato sarebbe quello di togliere il sostegno a 6 milioni famiglie italiane. A nome del governo italiano intendo dare battaglia contro questa iniziativa”. Sono le parole, rimbalzate in Tv, che la premier Giorgia Meloni nel corso della recente campagna elettorale per le europee ha dedicato alla procedura di infrazione aperta nel febbraio 2023 dalla Commissione europea contro l’Italia sull’Assegno unico e universale per i figli a carico (Auuf), avviata da un reclamo della UIL del Friuli Venezia Giulia. La segnalazione era stata inoltrata a Bruxelles, dopo che numerosi lavoratori frontalieri impiegati in Friuli Venezia Giulia e residenti in Slovenia e Croazia, erano rimasti esclusi dalla nuova misura, che da marzo 2022 ha sostituito l’Assegno per il nucleo familiare (Anf) e le detrazioni fiscali per i figli a carico.

“Parlando di Europa che impone all’Italia di pagare l’assegno unico e universale a tutti gli europei – commenta il responsabile dell’Ufficio internazionale della Uil regionale, Michele Berti -, Meloni omette di dire che la legislazione comunitaria dispone che tale misura vada pagata solo ai cittadini comunitari impiegati in Italia, paese in cui versano i contributi previdenziali e a cui pagano le tasse sul proprio reddito, anche se non vi risiedono con i propri figli. Inoltre, tace sul fatto che, molto spesso, il paese comunitario di residenza del lavoratore non prevede che le prestazioni familiari siano pagate a chi lì non produce un reddito da lavoro. Per cui – spiega -, se non paga l’Italia perché è cambiata la ‘ratio’ della norma, e non paga il Paese di residenza perché lì non viene svolto un lavoro, allora si crea un’indebita diminuzione del reddito complessivo, con grave pregiudizio economico del nucleo familiare del lavoratore. Ed è proprio su questo punto che si gioca la procedura di infrazione”.

Per quanto riguarda invece i lavoratori extracomunitari residenti e impiegati in Italia, continua Berti, “la premier non dice che, in base ai contributi versati e alle tasse pagate in Italia e in ossequio al principio della parità di trattamento prevista nel nostro ordinamento, questi ultimi hanno diritto di ricevere l’Assegno unico anche per i figli che non sono residenti con loro in Italia. Tale principio era rispettato con la vecchia normativa italiana, che prevedeva gli Assegni familiari, mentre dal primo marzo 2022 c’è stato il citato cambio legislativo dell’Italia, che ha penalizzato queste persone”, sottolinea il sindacalista.

“La campagna elettorale è finita, e ora è tempo di tornare alla realtà anche per il nostro governo che considera ‘folle’ l’idea che cittadini europei ed extraeuropei che pagano tasse e contributi in Italia abbiano diritto all’assegno unico e universale – aggiunge il segretario generale UIL del Friuli Venezia Giulia, Matto Zorn -. Per noi invece non è normale che il nostro Paese peggiori uno strumento di welfare, violando norme europee e, quando viene richiamato, dica ‘questa Europa non va bene così e deve essere cambiata’. In realtà, le possibilità sono due: o il governo contesta la procedura di infrazione, o si adegua alle leggi comunitarie”.

Stando alle parole della premier pronunciate in campagna elettorale, dunque, parrebbe di capire che sia stata imboccata la prima via e il governo voglia dare battaglia.

“A quanto pare no – aggiunge Berti -: dalle poche indiscrezioni che siamo riusciti a ottenere, sarebbe in corso invece una interlocuzione tra la Commissione europea e l’Italia per modificare la normativa nazionale, raccogliendo le osservazioni provenienti da Bruxelles”.