Zorn: “Opzione Donna e Quota 103 sono diventati strumenti di iniquità”

“L’obiettivo del Bilancio 2023 era ridurre la spesa pensionistica, ma chi di fatto ne ha pagato il prezzo sono state le donne”. E’ il commento del segretario generale UIL del Friuli Venezia Giulia, Matteo Zorn, ai dati diffusi dall’INPS regionale sulle prestazioni erogate l’anno scorso, che vedono di fatto più che dimezzate le domande per ‘Opzione Donna’, 405 nel 2023 rispetto alle 877 nel 2021, quando è stata adottata la misura.

Misura che, rispetto alla forma originale che prevedeva almeno 35 anni di contributi e un’età anagrafica di almeno 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 per le autonome, osserva Giuseppina Di Prisco, coordinatrice del Patronato ITAL UIL del Friuli Venezia Giulia, ha introdotto requisiti soggettivi (essere anche ‘caregiver’, o avere l’invalidità civile di almeno 74%, o essere stata licenziata o dipendente di un’azienda in crisi); ha elevato l’età a 61 anni (60 con un figlio, 58 con più di uno). L’assegno infine viene interamente calcolato con il metodo contributivo, quindi è più basso, evidenzia Di Prisco.

“‘Opzione Donna’, strumento che in realtà non concede alcuna opzione, pare confermata tale e quale nel 2025 – commenta Zorn –. “Doveva essere una misura di equità, invece è l’esatto opposto: penalizza con assegni bassi proprio le lavoratrici in condizioni di fragilità, con una logica di ‘scarto’ delle donne dal mondo del lavoro che non troverà mai la UIL d’accordo né silente. Lo stesso effetto aberrante si manifesta con ‘Quota 103’ – aggiunge il segretario – che vede nel 2023 in regione 118 domande di donne e 536 di uomini (rapporto 1:4,5), mentre nella sua forma originale, ‘Quota 100’, era molto più equa: nel 2021 vi aderirono 1.107 lavoratrici e 1.658 lavoratori (rapporto 1:1,5)”.

Secondo il segretario UIL del Friuli Venezia Giulia “ci vuole una riforma organica del sistema previdenziale che consideri veramente organica la forza lavoro femminile, che neppure la legge di Bilancio 2025 abbozza. Anche oggi nella previdenza il lavoro femminile è una specie di ‘extra’ rispetto al ‘ruolo tradizionale in famiglia’, come sostengono alcune forze retrograde agitando lo spauracchio dell’inverno demografico. Per la UIL questo è inaccettabile: la parità tra lavoratrici e lavoratori è un principio che per noi ha una sola direzione, quella della crescita”, conclude Zorn.