ACCONTO SUL RINNOVO NON VA RESTITUITO SE SI CESSA IL RAPPORTO PRIMA DEL NUOVO CCNL

Dopo sette anni si chiude definitivamente con un ‘3 a zero’ a favore del diritto dei lavoratori la vertenza giudiziaria che ha contrapposto la UILTuCS del Friuli Venezia Giulia e Unicomm, gruppo della grande distribuzione proprietario delle catene Emisfero e Famila. La Corte di Cassazione ha bocciato infatti anche il secondo ricorso promosso da Unicomm, condannata in primo grado e in appello a restituire al lavoratore gli ‘anticipi’ sul rinnovo del contratto che gli erano stati revocati poiché è andato in pensione ben prima della firma del nuovo contratto.

All’epoca Unicomm infatti era fuoriuscita dal contratto collettivo nazionale di Confcommercio, già scaduto, per passare a Federdistribuzione. Nell’attesa della firma del nuovo contratto (DMO, Distribuzione moderna organizzata), l’azienda aveva erogato ai lavoratori un ‘anticipo futuri aumenti contrattuali’ (IAFAC). Nel caso dell’autista-magazziniere assistito dalla UILTuCS, si trattava di una somma 855 euro che però gli era stata trattenuta dal Tfr al momento del suo pensionamento.

Il giudice ha sentenziato che tale ‘recupero’ da parte di Unicomm era illegittimo, sottolinea il segretario generale UILTuCS del Friuli Venezia Giulia, Matteo Calabrò, che aveva seguito personalmente la vicenda quando era responsabile dell’Ufficio vertenze del sindacato. Unicomm aveva fatto ricorso, ma il giudice in appello aveva nuovamente dato ragione al lavoratore. Cosa confermata anche dalla Cassazione che ha respinto anche l’ultimo ricorso del gruppo, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Trieste.

“Ci sono voluti sette anni, ma alla fine il diritto dei lavoratori ha prevalso. Può sembrare una piccola vittoria, ma tutelando l’ex dipendente fino all’ultimo grado di giudizio, la UILTuCS del Friuli Venezia Giulia ha segnato un punto importante per i diritti di numerose lavoratrici e lavoratori in tutta Italia che per qualunque motivo interrompono il rapporto di lavoro prima del rinnovo contrattuale”, conclude Calabrò.